Grazie, signor Presidente. Sottosegretario, colleghe e colleghi, la discussione che stiamo facendo oggi ha un'importanza centrale e fondamentale per il nostro Paese. Credo ci sia bisogno di un grande sforzo comune per provare a costruire una comunità, e quindi un Paese, più coeso e più solidale, una comunità basata sulla solidarietà, sulla reciprocità e sulla collaborazione, che provi a mettere al centro la persona, le persone, la relazione tra esse. In un Paese, come il nostro, dove molto ancora c'è da fare sul fronte dei diritti, perché ancora oggi molti diritti sono negati (diritti individuali e collettivi, diritti sociali e diritti civili), più volte anche in quest'Aula, in questi pochi giorni di legislatura, abbiamo sentito ripetere la frase: “ci si salva insieme, non da soli”. Se vogliamo tradurre in pratica anche le frasi autorevoli importanti come questa, dobbiamo essere coerenti con il lavoro che abbiamo da fare.
Noi possiamo costruire un Paese più solidale, più coeso e più forte, se proviamo a ripartire da due elementi fondamentali: il lavoro e la giustizia sociale. Infatti, il lavoro deve essere dignitoso, perché le disuguaglianze non sono soltanto una cosa inaccettabile, ma rappresentano un freno reale ad ogni prospettiva di crescita e di sviluppo per il nostro Paese. Non si tratta soltanto di ricollegarsi - è importante certo - alla direttiva europea sul salario minimo, perché si crei un'armonizzazione maggiore per i salari tra gli Stati membri, ma significa provare a dire quanto anche il nostro Paese può fare, anche raccogliendo gli sforzi che il nostro Paese e i Governi precedenti hanno fatto. Infatti, credo non sia un mistero che sul salario minimo si era lavorato e che, per esempio, il Ministro Orlando aveva profuso un importante sforzo. Dopo che il Governo è caduto, perché si è fatta terminare la legislatura, quell'elemento è stato frenato. Lo dico anche ai colleghi di Fratelli d'Italia, che poco fa criticavano un'inefficienza e una mancanza di iniziativa in questo senso.
E lo dico con spirito davvero ecumenico, anche se siamo in un frangente, dove si vuole approvare - probabilmente si approverà - una legge di bilancio che mi pare che, sul tema delle povertà e delle politiche verso chi sta peggio, segni elementi di mancanza importante, se è vero che sui fondi per la lotta contro la povertà, nel 2023 avremo circa 743 milioni in meno e dal 2024 in poi 1,7 miliardi, cioè il 19,5 per cento in meno.
Credo, tuttavia, che dobbiamo provare ad adeguarci alla linea generale europea, che prevede la presenza di questo strumento, lo citava anche il collega del MoVimento 5 Stelle poco fa. Paesi importanti come il nostro, la Francia, la Germania, lo hanno; l'Italia è uno dei cinque Paesi dove non è previsto il salario minimo. E' necessario e non solo e soltanto per armonizzarci con gli altri Paesi europei, ma anche perché dobbiamo fare passi avanti importanti, l'Italia è il Paese dove dal 1990 al 2020, quindi in trent'anni, il salario medio annuale è diminuito, meno 2,9 per cento, mentre, per esempio, negli stessi Paesi che citavo prima - Francia e Germania, - è cresciuto, più 31 per cento la Francia e più 33,7 per cento la Germania.
L'introduzione del salario minimo può fare anche da argine a quella pratica, quella realtà che rappresenta il nostro mercato del lavoro, ovvero la frammentazione, dove proliferano i contratti pirata, il lavoro occasionale, il lavoro di piattaforma e molti altri. Serve, quindi, non a ridurre tanto la povertà in senso lato, cosa importantissima, ma a diminuire anche la povertà lavorativa e - cosa non trascurabile - avvantaggerebbe soprattutto quelle categorie che sappiamo essere più esposte a forme di sfruttamento salariale, i giovani, le donne, le persone non nate in Italia, ma di provenienza straniera, permettendoci di fare così un passo importante verso una più marcata giustizia sociale.
L'introduzione con le modalità previste dalla nostra mozione è un contributo naturalmente che diamo e nel quale assolutamente crediamo. Il nostro Paese non può fare a meno di questa misura. La sommatoria di precarietà, di inflazione e dell'aumento dei costi della vita delle famiglie peggiorano le condizioni di vita di chi già sta male, e, pericolosamente, fanno scivolare verso il basso anche quelle fasce sociali di persone che sono in una condizione di cosiddetta normalità, il cosiddetto ceto medio.
Chi ha fatto l'amministratore comunale, come me fino a pochi mesi fa, sa benissimo che, una volta che le persone scivolano verso il basso, poi è molto difficile avere gli strumenti e le possibilità per farle riemergere verso percorsi di emancipazione ed autonomia. Quindi, abbiamo una grande responsabilità che dobbiamo cogliere insieme. Nessuno ha l'esclusiva di niente, maggioranza, minoranza.
Credo solo che questa cosa vada fatta. Proviamo a farla, facciamola, attraverso uno sforzo collettivo di questa classe politica.